Lettera aperta all’Assessore alla Cultura del Comune di Milano Filippo Del Corno

Altro colpo gobbo delle case d’asta milanesi.

Se gli avessero amputato le mani, avrebbe battuto le offerte con la fronte.

Gentile Assessore Del Corno,

  lo scorso 14 settembre una casa d’aste milanese ha stabilito 100-120 euro come base d’asta di un lotto di 17 disegni a carboncino di Giandante X.

Con Giandante non si era mai scesi così in basso, se si eccettua una incisione del 1927 intitolata Barbarico, per la quale nel novembre del 2020 fu fissata da un’altra casa d’aste milanese una base di 10 euro.

Stabilire una cifra infima come base d’asta non è dignitoso, né professionale: porta a un deterioramento dell’immagine dell’artista e a un giudizio sbrigativo della critica e del pubblico, con conseguente crollo ulteriore dell’interesse e delle quotazioni (sempre che sia possibile scendere più in basso di così).

Come potrà una galleria d’arte investire su Giandante e su altri artisti come lui, se le case d’asta, volte al guadagno immediato, continuano a svenderne le opere? 

Dovrebbero muoversi le istituzioni. 

Si cercano col lanternino maestri che diano lustro alla città, e ci si dimentica di questo colosso del Novecento, nato e vissuto a Milano, solo perché non è un affare lucroso? 

120 euro diviso 17 fa 7,5882353 a opera. 7,5882353 euro per dei carboncini degli anni Venti, Quaranta e Sessanta di un protagonista delle avanguardie degli anni Venti, che ha attraversato la Storia del Novecento.

Considerato dalla critica uno dei creatori del Razionalismo italiano, solo nell’ultimo decennio gli sono state dedicate delle mostre alla Galleria Consadori, alla Fondazione Corrente, alla Ex Fornace (a cura dell’ANPI) e a Villa Venino di Novate Milanese. Nel 2020 una scultura di Giandante è stata esposta alla mostra “Anni Venti in Italia” tenutasi a Palazzo Ducale, Genova.

Stimato da Mario Sironi, Aligi Sassu, Ernesto Treccani, di Giandante hanno scritto Raffaello Giolli, Giulia Veronesi, Alfonso Gatto, Raffaele de Grada, Mario de Micheli, Gino Traversi, ieri; Dino Formaggio, Antonello Negri, Roberto Dulio oggi. 

Non c’è nulla di sconveniente nel fatto che la produzione tarda di Giandante abbia quotazioni molto basse, come del resto era nelle intenzioni dell’artista: “Un quadro in ogni casa”, diceva lui stesso negli anni Settanta. Ma che delle rare opere degli anni Venti siano buttate sul bancone a dieci euro è dannoso per tutti.

All’asta del 14 settembre era presente qualche appassionato, e così il lotto è stato aggiudicato a 1.300 euro. Poco più di settanta euro a disegno, molto poco, ma la situazione sarebbe sprofondata ancora di più, se non fosse stato per quegli estimatori: capita spesso l’asta al ribasso, come al mercato del pesce.  

Di solito succede questo: muore un nonno che ha conservato delle opere d’arte per tutta la vita. Il nipote vende ogni cosa e per incassare in quattro e quattr’otto si rivolge a una casa d’aste qualsiasi. Queste farebbero bene a consigliare al nipote di contattare un privato o un rigattiere, i quali non hanno verso il mercato le stesse responsabilità di una casa d’aste. Invece gli si dice: dia qua. Ci si liscia la cravatta, ci si assesta sulla poltroncina tutta pelle, molle, rotelline e si pensa: vediamo che cosa possiamo ricavare da questa roba.

Ciò che è originario, vitale, perenne, non può essere prezzato e appeso al tabellone con criteri strettamente utilitaristici, arbitrari, convenzionali. Così facendo, la circolazione dell’arte si riduce a una vuota meccanica di interessi.

Bisogna agire con nobiltà d’ideali, con amore, se non vogliamo che trionfino le lapidi ambulanti, i somari, gli scrocconi e i venduti alla logica del profitto.

Giandante ha lottato per i più e i meno: i più numerosi, i meno fortunati. Ci ha nutrito di bellezza, di verità e di sogni. Non ha mai fatto male a una mosca, ha combattuto i lupi. E ora gli si getta in faccia una manciata di monetine?

Giù le mani da Giandante X. Non si tratta solo di lui, ma di noi tutti: qui è della nostra vita che si fa commercio.

Una volta ho assistito a un’asta. Il battitore era disinvolto e determinato. Se gli avessero amputato le mani, avrebbe battuto le offerte con la fronte. Pappagallo del denaro, sillabava il vuoto.

Cordialmente,

Roberto Farina